XIX RAPPORTO SULLA FORMAZIONE CONTINUA- Parte I

Il rapporto sulla formazione continua si colloca in un periodo culturale in cui si assiste ad una crescente aspettativa e visibilità del tema della formazione degli adulti, per lungo tempo sottodimensionato.

Fattori di varia natura mostrano il progressivo affermarsi dell’istanza di un nuovo diritto dell’individuo all’apprendimento lungo l’arco della vita come leva fondamentale per:

  • Policy e la flexicurity dei Lavoratori
  • la competitività delle imprese
  • l’ammodernamento delle relazioni industriali,
  • la lotta alla povertà,
  • la cittadinanza attiva.

Esempio lampante è il complesso apparato normativo e attuativo introdotto in Italia per l’apprendimento permanente a partire dalla legge 92/2012. E soprattutto al contesto italiano, caratterizzato da profondi divari socioeconomici e da una crescita strutturalmente debole.

L’accento sul potenziale competitivo dell’apprendimento sottopone la formazione a un cambio radicale:

  • le pratiche di governance
  • di programmazione
  • di gestione
  • di realizzazione delle iniziative formative messe in campo

Tutto ciò prefigura un lento ma decisivo spostamento del baricentro da un’offerta standardizzata ad una domanda individuale di competenze.

Le novità del Rapporto

Le novità di maggior rilievo del rapporto di quest’anno sono rappresentate da due elementi evolutivi: l’avvio di un parziale ampliamento del campo di osservazione, attraverso la ricostruzione di una visione di insieme delle policy in materia di apprendimento degli adulti e lo sviluppo e l’integrazione di sistemi informativi e di monitoraggio in corso di realizzazione.

Suddivisione del testo

Il testo si articola in tre capitoli:

  1. il primo propone un’analisi dell’evoluzione del contesto
  2. il secondo presenta il monitoraggio delle Policy di formazione continua
  3. il terzo, infine, propone alcune riflessioni relative al percorso di sviluppo del sistema italiano della formazione permanente.

La presente edizione intende fornire ai policy-maker dati e informazioni idonei per comprendere come e con quali modalità i nuovi indirizzi programmatici si traducano completamente in servizi, risultati, impatti.

L’accesso alle opportunità formative appare fortemente condizionato dalle caratteristiche sociodemografiche soggettive dei potenziali fruitori: in Italia i gruppi più vulnerabili hanno minori probabilità di partecipare ad attività di istruzione e formazione.

Ed è interessante osservare come questo avvenga nonostante il volume finanziario disponibile per il sostegno della formazione continua sia notevolmente cresciuto nel corso degli ultimi quindici anni.

Nella graduatoria Europea dei tassi di partecipazione degli adulti alle attività di istruzione e formazione il Paese si colloca al diciassettesimo posto, con un valore pari al 7,9%.

Il divario rispetto al Benchmark obiettivo per il 2020 (fissato al 15%), resta quindi molto ampio.

La scarsa partecipazione dei meno qualificati si rafforza con l’approfondirsi di una condizione generale di low skill equilibrium, nella quale la domanda di lavoro si rivolge a professioni e qualificazioni medio-basse e non richiede competenze trasversali elevate nelle singole occupazioni.

Per quanto riguarda gli investimenti formativi delle imprese italiane peggiora comparativamente la posizione del Paese nella graduatoria europea che dal 19º scende al 22º posto.

Contenuti Prima Parte del Rapporto

Attraverso l’analisi condotta con l’indice composito SMOP (Surface measure of overall performance) emerge la dipendenza del gap italiano sia dall’insufficiente quota di imprese formatrici, sia dagli scarsi livelli di investimento.

Migliore è il quadro per quanto riguarda la diffusione del work based learning o il contrasto al gender gap.

Contenuti Seconda Parte del Rapporto

La seconda parte del XIX rapporto sulla formazione continua è dedicata invece al monitoraggio delle politiche a supporto della formazione dei lavoratori e delle imprese e si incentra sulle iniziative finanziate e gestite dalle regioni attraverso il fondo sociale europeo e sull’evoluzione del sistema dei fondi paritetici interprofessionali.

Per quanto riguarda le Policy regionali l’analisi, aggiornata al 30 settembre 2018, ha riguardato le attività formative promosse e condivise con le imprese di appartenenza dei lavoratori interessati.

Le strategie e le prassi adottate vengono declinate attraverso aspetti che restituiscono il senso e la direzione verso cui stanno procedendo.

Nel complesso emerge un quadro estremamente variegato, con amministrazioni che procedono in modo differenziato sia nella quantità degli impegni che per la tipologia e qualità dei sostegni, laddove si assiste ad un fiorire di iniziative spesso innovative.

La quota maggiore di risorse si concentra nelle amministrazioni del nord che coprono circa i due terzi del totale.

Distribuzione percentuale delle risorse messe a bando per la formazione continua (al 30 settembre 2018)

Del resto, un impegno nella formazione dei lavoratori caratterizza necessariamente i contesti produttivi più evoluti.

La stessa azione dei fondi interprofessionali finisce per concentrarsi infatti nelle stesse aree territoriali del Nord senza creare e sviluppare particolare complementarità con la programmazione regionale del FSE.

Il volume annuo del contributo finanziario dei fondi interprofessionali dello 0,30% si attesta ormai stabilmente oltre 900 milioni di euro dei quali circa i due terzi dedicati al sostegno delle iniziative formative promosse dai fondi stessi.

Andamento dello 0,30% per destinazione (2012-2017)

Nel complesso le imprese aderenti ai fondi sono ormai circa 910. 000. I lavoratori presso le imprese aderenti hanno superato i 10 milioni.

Si conferma ancora una volta l’eccedenza della domanda rispetto all’offerta, con gli avvisi che esauriscono le risorse prima della scadenza e che, quindi, sono oggetto di successivi rifinanziamenti.

Contenuti Terza Parte del Rapporto

La terza parte del rapporto traccia le linee di tendenza e di riferimento nazionale e regionale, delle policy, degli strumenti e dei servizi che vanno a comporre la strategia italiana per l’apprendimento permanente.

La sezione si apre con un contributo che illustra lo stato di implementazione italiano della raccomandazione del consiglio europeo del 19 dicembre 2016 sui “percorsi di miglioramento del livello delle competenze”.

La raccomandazione originariamente veste di una “garanzia adulti” europea in complementarità con il programma garanzia giovani, nella sua versione definitiva impegna gli stati membri a migliorare l’accesso alla formazione di adulti con un basso livello di competenze, conoscenze e abilità, con il fine ultimo di consentire il conseguimento di una qualifica di livello 3-4 secondo la classificazione European qualification framework.

Skill strategy Italia

Un approfondimento specifico è dedicato anche allo sviluppo della skill strategy in Italia che, promossa dall’OCSE, si pone l’obiettivo di sviluppare un metodo che aiuti i Paesi ad identificare punti di forza e di debolezza dei propri sistemi nazionali al fine di facilitare la progettazione e l’implementazione di politiche volte a favorire la crescita economica e l’inclusione sociale.

Il contributo non si limita ad illustrare l’iniziativa ma propone una lettura e un’analisi comparata che definisce le connessioni tra i quattro pilastri in cui si articola la skill strategy.

La comparazione mira a contestualizzare le indicazioni di policy fornite dalla skill strategy rispetto ai reali processi di riforma che l’Italia sta mettendo in campo in materia di competenze e di apprendimento permanente.

ANPAL: i risultati del proprio lavoro

Vengono poi presentati primi risultati del lavoro dell’ANPAL per quanto riguarda il lavoro di valorizzazione, raccordo e utilizzo della classificazione europea delle equazioni e delle competenze, a sostegno dei servizi di incontro domanda-offerta di lavoro.

ESCO

ESCO ha lo scopo di fornire una terminologia di riferimento per i Paesi membri al fine di migliorare il funzionamento del mercato del lavoro, stabilendo un linguaggio comune per supportare il superamento delle lacune comunicative tra i diversi Paesi e tra i settori dell’occupazione, dell’istruzione e della formazione.

La classificazione è organizzata in tre pilastri principali:

  • occupazioni
  • conoscenze, abilità e competenze
  • qualifiche

Uno dei primi impegni del team ESCO Italia ha riguardato il lavoro di mappatura della classificazione nazionale delle professioni al pillar occupation.

I lavori di transcodifica e correlazione tra differenti sistemi di classificazione si stanno dimostrando particolarmente preziosi nella valorizzazione e la messa a fattore comune di patrimoni formativi ai fini della costruzione di dispositivi sempre più curati e sofisticati di:

  • career intelligence
  • personalizzazione dei servizi
  • incontro domanda offerta di formazione

Conclusioni

Il rapporto si chiude con una analisi della nuova raccomandazione del consiglio europeo relativa alle competenze per l’apprendimento permanente dal maggio del 2018, ponendo in evidenza le novità rispetto al 2006.

Completano il terzo capitolo due focus che forniscono specifiche tecniche di dettaglio circa due processi di riforma di grande rilevanza per l’apprendimento permanente: la messa a regime del sistema di certificazione delle competenze in Italia e le sfide nel medio e lungo termine del processo di negoziato del futuro del fondo sociale Europeo che ha preso avvio nel corso del 2018.