n.6 Ricerca ANPAL Conciliazione e vita

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Approfondimenti – Ricerca ANPAL Conciliazione e vita

La scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro è oggi uno dei maggiori problemi che oggi il mercato del lavoro di trova ad affrontare.

Le donne, oggi, sono sempre più qualificate ma, rimangono notevolmente sottorappresentate nel mondo del lavoro, i motivi sono molteplici, ma possono tutti essere circoscritti alla genitorialità e alla responsabilità di cura che ne consegue.

In media nel 2015, il tasso di occupazione delle donne con un figlio di età inferiore ai 6 anni è inferiore di 8,8 punti percentuali rispetto a quello delle donne senza figli piccoli, le madri tendono ad essere meno rappresentate sul mercato del lavoro rispetto alle donne senza figli in tutti i livelli di istruzione e in tutti i tipi di famiglia; questa situazione è molto accentuata soprattutto in molti Stati membri dove sono poco presenti o addirittura inesistenti politiche di conciliazione vita/lavoro, rendendo davvero difficile l’eliminazione di ostacoli alla partecipazione delle donne nel mercato del lavoro: la disponibilità o l’assenza di congedi, ad esempio, possono influenzare fortemente la decisione delle donne di rimanere a casa, di conseguenza, molte donne finiscono per abbandonare completamente il mercato del lavoro per occuparsi dei figli o di altre persone a carico, piuttosto che tornare al lavoro troppo presto; viceversa, la concessione di congedi retribuiti tende ad aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro consentendo loro di prendersi cura di un figlio o di un parente a carico, rafforzando al tempo stesso il loro rientro nel mercato del lavoro subito dopo la nascita del bambino o diversi anni dopo.

A rendere questa situazione ancora più nebulosa è la normativa a riguardo, la quale non risulta essere molto chiara, infatti, non esistono disposizioni a livello UE sul diritto al congedo di paternità, questi sono previsti in 26 Stati membri, fatta eccezione Austria e Germania, in termini di durata variano considerevolmente dai due giorni obbligatori previsti dall’Italia ai 20 giorni del Portogallo, ai 30 della Lituania. Nella maggioranza dei casi i congedi di paternità sono retribuiti dal sistema di previdenza nazionale; in Romania e nei Paesi Bassi, in cui sono previsti rispettivamente 5 e 2 giorni, la retribuzione spetta per intero ai datori di lavoro, l’unico dato chiaro è che l’effettiva flessibilità sulle ore lavorative e sull’ammontare della retribuzione di queste ultima è a discrezione del datore di lavoro.

In Italia sono l’8% degli occupati può variare autonomamente l’ora di entrata/uscite a causa di problemi familiari, senza alcuna differenza tra uomini e donne.

Sebbene le modalità di lavoro flessibili, in particolare il telelavoro, siano di più facile fruizione grazie alle moderne tecnologie e abbiano dimostrato di migliorare l’equilibrio globale lavoro-vita privata e la produttività, l’organizzazione del lavoro tende tuttavia a rimanere rigida, ancorata alla presenza sul posto di lavoro sulla base dell’orario di lavoro.

Non solo la flessibilità di entrata/uscita, ma anche l’assenza di libero accesso ai servizi formali di custodia dei bambini, in questo caso il discorso si ampia poiché la disponibilità dei servizi di cura per l’infanzia non è in equilibrio in quanto la domanda di questi servizi supera l’offerta in quasi tutti gli Stati membri: tanti bambini e pochi servizi di cura.

Eurofound, un’agenzia europea che fornisce conoscenze per migliorare lo sviluppo delle politiche sociali e lavorative, ha rilevato che la stragrande maggioranza delle madri è disposta a lavorare se solo potessero scegliere meglio l’orario di lavoro, in particolare è emerso che più della metà delle madri inattive è disposta a rientrare nel mercato del lavoro.

Poter aiutare queste donne a reinserirsi nei settori lavorativi di competenza, non sarebbe un‘ azione fine a sé stessa, considerando che la più grande risorsa scarsa oggi è proprio la forza lavoro.

Certo è che non in tutti i Paesi UE la situazione è la stessa.

Una ricerca tenuta da ANPAL, terminata a Dicembre 2018, mostra proprio questo problema interfacciandolo tra vari Paesi UE, più o meno reattivi alla questione donne e lavoro, analizzando la questione proprio analizzando i principali problemi: normativa, flessibilità oraria e servizi di cura.

ANPAL analizza: Finlandia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito e Spagna.

Cose è emerso?

La Finlandia, come in tutti i campi, va controcorrente.

Se oggi gli occupati uomini sono esattamente uguali agli occupati donne è proprio perché la conciliazione tra lavoro e vita privata è stata tradizionalmente influenzata dalle politiche sui congedi familiari, dai servizi pubblici (asilo, scuola, ecc.) e dalla contrattazione collettiva che regola gli strumenti di flessibilità disponibili sul luogo di lavoro. La chiave è stata principalmente la digitalizzazione del lavoro che ha avviato il cambiamento nella natura del lavoro e nel luogo fisico di quest’ultimo.

Inoltre, in Finlandia, oltre al congedo di paternità e maternità, è presente:

  • Un congedo di assistenza per i figli non retribuito fino a quando il figlio non compie i 3 anni d’età, utilizzabile da entrambi i genitori, questo congedo può essere preso in due periodi, con una durata minima di un mese. Durante il congedo, un genitore può ricevere un assegno per l’assistenza domiciliare che consiste in un pagamento di base di 338,34 euro al mese;
  • Un congedo temporaneo per l’assistenza all’infanzia di durata massimo di 4 giorni per i genitori con figlio di età inferiore ai 10 anni;
  • Ogni genitore ha diritto a un’indennità pecuniaria quando ha un figlio gravemente malato, in ospedale, e durante la valutazione scolastica.
  • Flessibilità orarie maggiori per genitori adottivi

La Francia segue le orme della Finlandia, soprattutto dopo l’istituzione della Comité interministériel aux droits des femmes et à l’égalité entre les femmes et les hommes la quale opera in ambito interministeriale relativamente a diverse priorità tra cui la promozione dell’uguaglianza professionale al fine di consentire una migliore conciliazione dei tempi di vita.

In particolare:

  • La durata del congedo di maternità varia a seconda se per la mamma è la prima o seconda nascita e se è parto gemellare oppure no;
  • Presenza di asili nido a “gestione genitoriale”, creati e gestiti da un’associazione di genitori che accolgono al massimo 20 bambini dai 3 mesi ai 3/4 anni in maniera regolare od occasionale. La cura dei bambini è affidata a un gruppo multidisciplinare di figure professionali dell’infanzia
  • La presenza di Fonds National des Prestations Familiales, a supporto sia delle famiglie che dei datori di lavoro.

In Germania la differenza tra uomini e donne all’interno del mercato è del 10% circa.

Gli obiettivi delle politiche per la famiglia, in Germania, sono stati recentemente ridefiniti al fine di consentire a genitori e figli di trascorrere più tempo insieme e di riequilibrare in modo più equo le responsabilità familiari e professionali attraverso il cosiddetto Partnerschaftlichkeit. Questo schema coinvolge una serie di misure e iniziative che incoraggiano un’equa distribuzione dei carichi familiari e di lavoro a cominciare dalla riforma dei congedi parentali del 2015. Essa mira a far sì che entrambi i genitori possano usufruire dei congedi in modalità part time e prevede l’erogazione di un bonus per almeno quattro mesi se entrambi i genitori lavorano tra le 25 e le 30 ore settimanali

Inoltre, è stato introdotto:

  • Il congedo per assistenza a tempo parziale, dove i lavoratori hanno il diritto di ridurre l’orario di lavoro settimanale a 15 ore al massimo per un periodo massimo di due anni per assistenza familiare:
  • Sono stati stanziato dallo Stato quasi 2mld per il pieno inserimento dei bambini in strutture pubbliche.
  • L’istituzione della banca delle ore per cui è possibile accumulare ore lavorative in più e usufruirne quando si ha più bisogno.

 

I Paesi Bassi, Regno Unito e Spagna seguono le orme della Germania, sia per quanto riguarda il 10% di differenza tra uomo e donna, sia per quanto riguarda le policy adottate.

Con l’eccezione di non aver nessun tipo di retribuzione in caso assenza dal lavoro.

In conclusione, l’assenza di queste politiche comuni tende a rafforzare gli stereotipi tradizionali per quanto riguarda i ruoli di genere sul lavoro e a casa e, di conseguenza, ad ostacolare un maggiore coinvolgimento delle donne nel mercato del lavoro.

Un tasso di partecipazione femminile più elevato può aumentare la parità di genere, promuovere la crescita economica e contribuire a migliorare la sostenibilità dell’attuale stato sociale, soprattutto alla luce dell’invecchiamento della popolazione. È perciò necessario intervenire con politiche strutturali e innovative, e non disperdere energie e risorse una tantum per niente sistematiche, che seguano il cambiamento sia del mercato del lavoro che l’evolversi della struttura della famiglia.

E’ investire su una cultura che consideri la conciliazione vita lavoro non un mero affare femminile, perché è a questo livello che si giocano i diritti dei cittadini europei, ciò nella consapevolezza che le esperienze qui analizzate mettono in evidenza che permangono sostanziali disuguaglianze di genere nel lavoro retribuito e non retribuito, anche in quei paesi in cui sono state adottate politiche per la famiglia estensive.

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