n.5 Skill forecast, trends and challenges to 2030

[fusion_builder_container hundred_percent=”no” hundred_percent_height=”no” hundred_percent_height_scroll=”no” hundred_percent_height_center_content=”yes” equal_height_columns=”no” menu_anchor=”” hide_on_mobile=”small-visibility,medium-visibility,large-visibility” status=”published” publish_date=”” class=”” id=”” background_color=”” background_image=”” background_position=”center center” background_repeat=”no-repeat” fade=”no” background_parallax=”none” enable_mobile=”no” parallax_speed=”0.3″ video_mp4=”” video_webm=”” video_ogv=”” video_url=”” video_aspect_ratio=”16:9″ video_loop=”yes” video_mute=”yes” video_preview_image=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” margin_top=”” margin_bottom=”” padding_top=”” padding_right=”” padding_bottom=”” padding_left=””][fusion_builder_row][fusion_builder_column type=”1_1″ layout=”1_1″ spacing=”” center_content=”no” link=”” target=”_self” min_height=”” hide_on_mobile=”small-visibility,medium-visibility,large-visibility” class=”” id=”” background_color=”” background_image=”” background_image_id=”” background_position=”left top” background_repeat=”no-repeat” hover_type=”none” border_size=”0″ border_color=”” border_style=”solid” border_position=”all” border_radius=”” box_shadow=”no” dimension_box_shadow=”” box_shadow_blur=”0″ box_shadow_spread=”0″ box_shadow_color=”” box_shadow_style=”” padding_top=”” padding_right=”” padding_bottom=”” padding_left=”” margin_top=”” margin_bottom=”” animation_type=”” animation_direction=”left” animation_speed=”0.3″ animation_offset=”” last=”no”][fusion_text columns=”” column_min_width=”” column_spacing=”” rule_style=”default” rule_size=”” rule_color=”” hide_on_mobile=”small-visibility,medium-visibility,large-visibility” class=”” id=””]

Approfondimenti – Skill forecast, trends and challenges to 2030

In mercati del lavoro sempre più dinamici e competitivi investire nelle skills e nelle competenze è di fondamentale importanza.

Se è vero che l’istruzione e la formazione continua sono il lasciapassare per stare al passo con la dinamicità che contraddistingue il mercato contemporaneo, sorge spontaneo chiedersi: su quali competenze devo soffermarmi? Qual è il lavoro sul quale dovrei puntare?

L’obiettivo, chiaramente, non è quello di prevedere il futuro, bensì dare al lavoratore le basi per capire quali sono le scelte meaningful che può compiere nel presente.

Cedefop con “Skill forecast, trends and challenges to 2030” ha cercato di rendere il più reale possibile quanto appena affermato, attraverso strumenti comparativi che hanno analizzato e messo alla luce le probabili risposte alle domande sposte in precedenza.

Prima di concentrarsi sul nocciolo della questione, è imprescindibile non contestualizzare la situazione politico-economica dell’Europa.

Il punto di snodo, come qualsiasi analisi della fattispecie, non può non partire dalla crisi economica del 2008, che ha segnato in modo più o meno tangibile tutti i Paesi dell’organizzazione, dove chi più e chi meno è riuscito, attraverso policy ad hoc, a rispondere prontamente ai problemi che quest’ultima ha generato.

La ripresa, sebbene lunga e tortuosa, ci porta oggi a dire che il 2018 è il sesto anno di ripresa economica, dove finalmente il PIL medio risulta essere a rialzo.

Si stima, infatti, che il PIL dovrebbe aumentare di 1.4% dal 2021 in poi.

Gli economisti chiamano Politica Fiscale Espansiva:

Gli Stati UE hanno promosso un’espansione della spesa pubblica sul PIL tra il 2015-2030 spinta da un aumento dell’interesse di questi verso l’assistenza sanitaria e sociale; i meccanismi di trasmissione della PFE fanno sì che ad un aumento della spesa pubblica consegua un aumento della produttività che inevitabilmente porta un paese ad investire in R&D, generando nuovi lavori (consolidando la PFE per cui un aumento della spesa pubblica genera un aumento della produttività e del reddito, diminuisce la tassazione e i tassi d’interesse).

Dietro questa politica però si possono verificare uno spiazzamento sulla produzione.

In questo caso, l’aumento di posti di lavoro è settoriale, esso si verifica, infatti, solo nel settore dei servizi e in particolar modo nel settore dell’automazione, dove i robot sono una realtà molto forte, la quale diminuisce la forza di contrattazione del lavoratore che tenderà ad accettare un salario minore e, ad essere più flessibile rispetto al ruolo che ricopre.

Questo spiazzamento genererà, in termini probabilistici, un bonce back, un salto all’indietro, del livello di crescita, nel periodo a cavallo del 2023-2025 causato proprio dalla redistribuzione dei lavoratori tra i vari settori, con l’inevitabile abbandono di alcuni lavori a favore di altri.

Si stima che la percentuale di lavoratori tra il 2026 e 2030 diminuisca di -0.9% nel settore agricolo a discapito del +0.9% nel settore dei servizi.

Ciò che sta avvenendo, sostanzialmente, è l’inserimento del digitale nel settore manifatturiero.

Gli automi, infatti, sono un’entità in forte espansione; attualmente rappresentano il 7% del PIL e un totale di 12,6 milioni di lavoratori nel settore (volendo paragonare questo numero, per capirne la grandezza, basta pensare al settore dei trasporti, un settore estremamente importante per il commercio il quale consta di meno della metà dei lavoratori del settore tecnologico: 5 milioni di dipendenti).

E’ importante sottolineare che, nell’analisi della redistribuzione di personale nei vari settori, quello pubblico non viene minimamente toccato da questa analisi, infatti la percentuale di crescita per questo settore è 0.

Nello specifico i settori che sono direttamente implicati in questo processo di crescita favorito dall’interconnessione con la tecnologia, sono:

  • Vendita all’ingrosso e al dettaglio;
  • Ristorazione;
  • Arte ed intrattenimento;

Quanto appena affermato fin ora ci porta all’inevitabile consapevolezza che la forza lavoro nel lungo tempo sarà costate, o in casi peggiori, tenderà a decrescere.

Le previsioni, infatti, mostrano che dal 2016 al 2030 la forza lavoro aumenterà in media solo dell’1%, il motivo di questa percentuale risiede nel core della forza lavoro, perché è strettamente legato alla diversificazione che i settori lavorativi stanno avendo.

Dal lato dell’offerta, per molti Paesi UE, si ritornerà alla situazione di disoccupazione precrisi, altri paesi, invece, si adatteranno più o meno bene a questa tecnologizzazione del lavoro, se da un alto ci sono la Germania, l’Austria e la Svizzera come paesi reattivi, dall’altro lato ci sono, invece, i Paese dell’Europa del Sud.

Affermare che la Germania non risentirà del tasso di forza lavoro costante, mentre l’Italia si, è frutto di una indagine statistica, la quale ha paragonato il mercato del lavoro con un’alternativa macroeconomica: il PIL, ma non nella sua interezza (PIL=C+I+G-IM+X)[1], bensì sviluppando due facce di quest’ultimo: la propensione dei governi ad investire in R&D, e la percentuale di stagnazione, ovvero la percentuale con cui la crescita del PIL è persistentemente modesta a causa di fattori economico e politici.

La semplice media dei dati ha dimostrato che, in media, ci sarà un aumento della forza lavoro dell’1%, in maniera più o meno differente per i paesi dell’UE.

Un mercato dalla struttura nuova e l’impatto dei cambiamenti tecnologici sulle competenze richieste ha modificato la domanda delle skills in tutti i settori.

Sono richieste sempre più competenze specializzate, le quali aprono al mondo del mercato del lavoro.

Di conseguenza l’occupazione cresce per le posizioni di livello superiore, per individui in possesso di laurea e master, dato dall’effettività che il tasso di crescita dei lavoratori sckilled è maggiore di quello dei lavoratori unskilled.

Dall’altro lato, diminuisce l’occupazione per i least-skilled, lavoratori senza una carriera accademica professionalizzante, soprattutto nel settore manifatturiero dove è prevista l’automazione.

In questo caso non è possibile scendere nel dettaglio delle professioni che subiranno un aumento o un decremento della forza lavoro, perché non esiste una categorizzazione moderna delle professioni, l’ultima presente è ISCO-08 risalente a Dicembre 2017, quanto appena affermato, di fatto è nato dal paragone tra professioni simili.

Sulla base di questo ISCO-08 l’occupazione crescerà in media del 10% sempre per il periodo di analisi fino al 2030.

Questo 10% è una ponderazione tra l’aumento del 20% in settori altamente specializzati, e la perdita del 10% per lavori unskilled e settore manifatturiero con automa.

Per questo quello che si va profilare è una nuova domanda di espansione, che mette in relazione n. di porti di lavoro e n. di posti vuoti dati da pensione o altro, ma, in questo caso è negativa.

Nello specifico, questa domanda di espansione, sviluppa l’analisi attraverso il rapporto tra la somma della variazione netta tra l’espansione del settore e la richiesta di sostituzione (turnover), per questo motivo essa è molto più concreta a livello informativo rispetto alla domanda di lavoro.

I risultati dell’analisi di queste variabili confermano quanto affermato finora: vi è una crescita significativa dei livelli di occupazione le professioni skilled (manager, professionisti e professionisti associati) con una certa crescita prevista anche per lavori meno qualificati: vendite, sicurezza, servizi di pulizia, ristorazione e cura della persona.

Le perdite di posti di lavoro sono previste per molti operai specializzati nel settore manifatturiero, soprattutto nell’agricolture, e impiegati. Questo fenomeno può essere contraddistinto polarizzazione delle abilità domandate con il conseguente svuotamento di molti dei lavori a livello di competenza media.

Il grafico che segue è la rappresentazione di quanto appena affermato.

Le barre in blu sono presenti positivamente in tutti i settori, è l’effetto bilancia per cui tutti i settori lavorati all’interno del mercato del lavoro hanno naturalmente forza lavoro; le barre in grigio rappresentano quello che succede all’occupazione se cambiano i modelli occupazionali, in altri termini, per ogni occupazione quanti sono gli impiegati che cambiano se i modelli occupazione variano. Questa dinamica avvantaggia, chiaramente, i settori in crescita a spese di quelli in declino, infine, le ultime barre di colore azzurro chiaro è esattamente la differenza tra le barre blu e quelle grigie, sono i residui, ossia le differenze tra la naturale presenza di lavoratori in tutti i settori del mercato del lavoro e le dinamiche occupazionali presenti in questi.

E’ nei dati contrassegnati dal colore blu che risiede la chiave di lettura di quando analizzato fin ora.

Dunque, i settori pienamente immersi in questa rivoluzione del mercato del lavoro sono:

  1. Tecnici e professionisti;
  2. Professionisti del settore;
  3. Legislatori, senior officials e manager;
  4. Professioni elementari;
  5. Operatori tecnici.

A discapito di:

  1. Impiegati;
  2. Addetti alle vendite;
  3. Artigiani e affini;

Agricoltori e pescatori skilled

[1] PIL è la somma dei consumi al netto delle tassazioni, gli investimenti, la spesa pubblica, al netto delle importazioni più le esportazioni)

[/fusion_text][/fusion_builder_column][/fusion_builder_row][/fusion_builder_container]