Lo Smart Working come nuovo metodo di lavoro

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto attuativo del 23 febbraio 2020. Con questo decreto si cerca di far fronte all’emergenza del Corona virus, prevedendo la sospensione delle attività lavorative, ad esclusione di quelle che possono essere svolte in modalità domiciliare, ovvero attraverso lo Smart working.

Decreto 23 febbraio 2020

Il decreto spinge le aziende a chiedere ai loro dipendenti di lavorare da remoto, applicando lo Smart Working al fine di limitare i casi di contagio nelle aree più a rischio.

Nelle zone rosse, indicate come focolaio del virus, sarà possibile attivare la procedura in maniera immediata. L’iter obbligatorio non dovrà essere effettuato. Si stilerà un accordo tra il lavoratore e l’azienda in cui si specificano tempi e modi di utilizzo degli strumenti. Lo Smart working potrebbe essere un processo che si potrebbe protrarre per un periodo più o meno lungo.

Secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, lo Smart working è “una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare”.

Che cos’è lo Smart Working

Lo Smart working è uno strumento che rompe gli schemi del lavoro standard, ma non è un telelavoro. Aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e il lavoro, favorendo la crescita della sua produttività e adottando il concetto di “ufficio aperto” stimolatore di nuove idee.

In questo momento, lo Smart working sembra essere una soluzione per ridurre i contagi derivanti dal Corona virus. Lo Smart Working avrà l’obiettivo di attenuare i disagi e limitare i danni, non solo economici, ma anche sociali che questo virus potrebbe causare.

L’Italia è una delle poche nazioni a non aver utilizzato questa nuova modalità di esecuzione del lavoro. Secondo, però, i dati dell’osservatorio Polimi, oggi, a causa del Corona virus, il 58% delle grandi imprese italiane adotta lo Smart working, per un totale di circa 570mila lavoratori: il 20% in più rispetto al 2018.

Sarà questa una nuova frontiera per il lavoro?